giovedì 19 settembre 2013

I SEI SERMONI - George Storrs 1856

N. B. - Questa è solo la parte iniziale del terzo sermone e potrebbe subire delle modifiche. La traduzione completa del SEI SERMONI sarà acquistabile dal mese di ottobre 2013 sul sito di AZZURRA 7 Editrice

TERZO SERMONE

“Voi scrutate le Scritture, perché pensate di avere per mezzo d’esse vita eterna; e queste sono quelle che rendono testimonianza di me. Eppure non volete venire a me per avere la vita". - Giovanni 5:39,40.


ALCUNI traducono questo versetto “Voi investigate le Scritture” ecc. Ha poca importanza in che modo viene inteso, se come un comando o come qualcosa che dovrebbe essere fatto o una dichiarazione di ciò che era già stato fatto. In qualunque caso, ci viene mostrato l’immenso valore delle Scritture come rivelatrici di vita eterna, e ci viene anche detto che l’obiettivo di questo scrutare è cercare di imparare riguardo alla vita eterna. Ci viene anche mostrato che le Scritture sono il posto dove ricercare quell’inestimabile benedizione. Ogni uomo è costretto a far questo personalmente, senza affidarsi unicamente agli insegnanti umani, come temo facciano molti.

I maestri possono essere brave persone, oneste persone. Potrebbero prefiggersi di condurre gli altri alla verità e salvarli dall’errore, eppure essi non sono che uomini imperfetti che possono sbagliare perché non conoscono le Scritture. (Matt. 22:29) E per di più, è possibile che possano essere cattive persone che hanno in mente ben altri obiettivi che salvare le anime dalla morte. (Giac. 5:20) Ma se non è questo il loro caso e sono sinceri, si deve ricordare che tutti noi abbiamo ricevuto un’istruzione fin dal primo barlume di intelletto e che essa ha necessariamente condotto le nostre menti a una predisposizione verso una particolare dottrina o un modo di interpretare le Scritture. Quel modo può essere giusto o sbagliato. Qualunque esso sia, i nostri stessi insegnanti hanno molto probabilmente le loro opinioni modellate in una certa maniera, e ce le trasmetteranno in quel modo. Quei maestri non possono rendere conto a Dio per noi, ogni uomo è responsabile personalmente davanti a Dio di se stesso.

Quando giungerà il giudizio, non ci sarà di alcun profitto giustificarci dicendo che i nostri maestri ci avevano insegnato in quel modo, o che i corpi ecclesiastici avevano ordinato o stabilito questa credenza o quell’articolo di fede. Saremo respinti con una voce che rintronerà fin dentro i nostri orecchi: “ciascuno renderà conto di se stesso a Dio” “Avevate le Scritture e il comando di esaminarle, se avete errato in falsi insegnamenti a vostra stessa rovina lo avete fatto pur avendo le parole di vita eterna nelle vostre mani, ma affidandone l’interpretazione ad altri, senza quella cura per l’argomento che era vostro dovere  avere, preferendo invece essere assorbiti nelle cose di tutti i giorni”.

Non sarebbero tali parole atroci ai nostri orecchi quando le udremo nel giorno del giudizio? Non dovremmo quindi renderci pienamente conto della veridicità della Scrittura che dice: “Maledetto è l’uomo robusto che confida nell’uomo terreno”? – Ger. 17:5.

Un insegnante potrebbe aiutarci a comprendere le scritture, ma non gli si dovrebbe riporre fiducia al punto da considerarlo una guida infallibile, né gli si dovrebbe mai permettere di decidere autoritariamente per noi il vero significato della parola di Dio. Qualsiasi tentativo in tal senso da parte di un maestro spirituale è una manifesta usurpazione  della prerogativa di Geova e dovremmo sempre resistergli. Facciano i maestri di religione il loro appropriato lavoro, che non è quello di signoreggiare sull’eredità di Dio, ma di essere degli aiutanti e degli esempi per il gregge. (1 Piet. 5:3) Essi non devono stabilire chi è eretico e chi è ortodosso, ma far capire agli uomini i loro peccati, la loro condizione moritura e indirizzarli al Cristo, il Grande Medico mediante il quale si può avere la vita.

Le parole del nostro Signore: “Eppure non volete venire a me per avere la vita”, dimostrano che gli uomini sono soggetti alla morte. L’argomento che andremo a trattare in questi discorsi è di determinare che cos’è la morte: Se è un’esistenza eterna nel peccato e nel tormento o la distruzione dell’essere. La mia posizione corrisponde alla seconda, e mi son sforzato di affermare tale questione con la comune versione della Scrittura[1]; tale versione ha le sue imperfezioni ma è affidabile quanto una qualsiasi delle attuali versioni che sono state realizzate o che lo saranno in questi tempi di lotta fra le moltitudini di sette esistenti. Quanto successo avrà questo mio tentativo, altri lo giudicheranno da se stessi. Nessun uomo può credere a qualcosa senza prove. Alcuni, è vero, non crederanno ad alcuna prova a meno che questa non sia simile a ciò che viene creduto dalla maggioranza delle persone. Ma dovunque essa sia, nessuno deve fare affidamento sulla popolarità di una dottrina per stabilire dov’è la verità. Il nostro stesso Signore fu disprezzato e rigettato dagli uomini.

Nel mio ultimo discorso ho rivolto l’attenzione a obiezioni strettamente collegate alla Bibbia. Ciò che per noi rimane ora da fare è di completare quella disanima, e quindi di portare all’attenzione obiezioni provenienti da altre fonti. Infine sosterrò il mio punto di vista con la testimonianza di un gran numero di scritture conosciute solo in parte.



[1] Storrs si riferisce alla King James Version

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