giovedì 17 luglio 2014

1877 - L’OBIETTIVO E LA MANIERA DEL RITORNO DEL NOSTRO SIGNORE - 2

. . . Continuazione del post precedente

Alla morte di Gesù avviene un altro cambiamento. La Legge finisce. Dio pose fine alla Legge, “inchiodandola sulla croce” e introducendo una nuova dispensazione, il vangelo della grazia sotto la legge dello Spirito. Questo non è ristretto a una sola nazione, come accadeva per la legge, ma accessibile a tutti, per essere “predicato per tutto il mondo, onde ne sia resa testimonianza” prima che quest’età finisca (Matt. 24:14). Ma sebbene possiamo esserne inconsapevoli mentre la presentiamo a tutte le persone, Dio ha guidato e diretto il suo corso. Sotto tale direzione, noi dell’Europa e dell’America, siamo stati maggiormente favoriti degli abitanti di altre parti della terra. Perché la luce di verità e salvezza, partì dal nostro Signore e dai suoi apostoli in Palestina, viaggiando a nord e occidente attraverso l’Europa e l’America, piuttosto che a sud e oriente attraverso l’Africa e l’Asia? È accaduto così per caso? Oh no! Il nostro Padre è al comando; non guida Egli la sua verità?
Vero, ora la Bibbia è stampata nelle lingue di ogni nazione. Ora è stata “predicata in tutto il mondo” (non a tutti i singoli individui), e possiamo anche dire che è stato compiuto durante il secolo presente. Eppure oggi, quattro persone su cinque degli abitanti della terra non sanno che Gesù morì per loro. Ecco qui un senso in cui Dio sta anche oggi eleggendo. Ha eletto di mandare il vangelo a voi e a me e ai nostri padri. Ma, potrebbe dire qualcuno, Dio non opera per mezzo dell’opera di altri? Si, Egli ha voluto che il suo popolo si mettesse all’opera anche con quel denaro e capacità che così liberamente ci ha donato, in modo che possiamo, per mezzo di missioni che Egli benedirà, avere il privilegio di essere suoi collaboratori.
A gran parte di questo noi possiamo profondamente assentire. Crediamo che per mezzo di noi Dio stia operando: che si compiace del nostro zelo messo al suo servizio. Ma noi non possiamo per un solo momento supporre che il benessere eterno di quattro quinti della famiglia umana dipenda unicamente dallo zelo e liberalità dell’altro quinto. No! No!! Il Dio d’amore non sperimenta a spese dell’eterna felicità della gran parte delle sue creature.
Vediamo quindi, che in un certo senso Dio ha finora eletto la chiesa. Ma perché? Egli deve avere un proposito e un obiettivo nel fare così. Dio ha un piano, e senza dubbio è più grande e nobile di qualsiasi altro mai concepito dal cuore dell’uomo. Cosa dicono le Scritture?
Dicono che il piano di Dio è dichiarato in una frase nella promessa fatta ad Abraamo: “In te e nel tuo seme tutte le famiglie della terra saranno benedette”. Paolo, in un ispirato commento su questa promessa, afferma: “Non dice ai semi come se si trattasse di molti; ma come parlando di uno solo, al tuo seme, ch’è Cristo” (Gal. 3:16). È a Gesù Cristo singolarmente che si riferisce come al seme? No: riferendosi alla promessa fatta originariamente ad Abraamo l’apostolo continua al versetto 29 dicendo: “Se [voi la chiesa] siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abramo; eredi, secondo la promessa”. Comprendiamo quindi che quando Dio parlava ad Abraamo ci aveva incluso nel suo piano. Non si parla solo di Cristo Gesù, che è il capo di  questo seme, ma anche di coloro che sono di Cristo – il piccolo gregge – descritti come membra del corpo. Questo unico seme sarà completo solo quando l’ultimo membro di quel corpo sarà reso perfetto. Questo pensiero è espresso in tutte le epistole in cui Cristo è descritto come il capo del corpo, che è la chiesa (Col. 1:18; Ef. 4:12; 5:25-32; 1 Cor. 12:12,27; Rom. 12:5; ecc.) L’illustrazione è sviluppata ulteriormente. Noi, che siamo suoi discepoli, veniamo descritti nell’atto di completare quello che mancava alle sofferenze del Cristo (Col. 1:24; 2 Cor. 1:5; 2 Tim. 2:10). E abbiamo la promessa “che se soffriamo con lui, regneremo anche con lui”.
La promessa, secondo cui noi siamo eredi, ci dice che quando questo seme sarà completato, tutte le nazioni saranno benedette in esso. La promessa fatta al tempo dell’Eden che il seme della donna avrebbe schiacciato la testa del serpente, annientato il male e il peccato, è un’altra di cui noi siamo eredi associati. Ma Gesù non schiacciò Satana quando morì? No; la morte di Cristo e la conseguente persecuzione della chiesa significarono “lo schiacciamento del calcagno”. Paolo disse: “Satana sarà presto schiacciato sotto i piedi della chiesa,” – chiesa composta sia dalla testa che dal corpo (Rom. 16:20). Ancora lo stesso pensiero è espresso con l’illustrazione de
la Sposa e lo sposo
La chiesa è rappresentata come una casta Vergine promessa in sposa a Cristo ( 2 Cor. 11:2). In quanto tali siamo ora promessi in sposi, e abbiamo ricevuto il suggello di quella promessa – i primi frutti dello Spirito. Non sposati, non sposa già, ma spettando e desiderando ardentemente l’unione con lo sposo. Quando egli andò via disse: “Tornerò e v’accoglierò presso di me”. Lo espresse nella parabola delle “Dieci Vergini”. Quando “lo Sposo venne, quelle che erano pronte entrarono con lui in matrimonio”. Là e allora inizieremo la piena realizzazione delle “cose che Dio ha riservato per coloro che lo amano”.
Tutti, supponiamo, sono d’accordo con noi, quando diciamo, che non ha importanza quanta immensa gioia abbiamo prima della risurrezione, perché certamente aspetteremo fino ad allora per afferrarne la piena misura: Tutta la chiesa o il corpo sarà completato prima che le finali ricompense siano date. Perciò, quando rammenta gli antichi degni, l’Apostolo dice: “non ottennero quello ch’era stato promesso . . .  ond’essi non giungessero alla perfezione senza di noi” (Eb. 11:39, 40). E di se stesso, quando stava per morire, disse: “Io ho combattuto il buon combattimento . . . mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” (2 Tim. 4:8). Vero, noi ora abbiamo e gioiamo di molte benedizioni in Cristo. Ora noi abbiamo la pace che il mondo non può mai dare né portare via. Ma tutto questo non è che un assaggio; il valore della gloria va oltre. Noi ora, in un certo senso, abbiamo iniziato il nostro ufficio, come re e sacerdoti, vincendo su noi stessi e sulla concupiscenza della carne, e “offrendo sacrifici spirituali a Dio”; ma è solo nello stesso senso che di noi viene anche detto che siamo risorti con Cristo, e sediamo con Lui in luoghi celesti. Grazie alla fede nelle sue promesse noi anticipiamo la gloria e il resto che deve ancora adempiersi; e sebbene ridotti alle strette da sofferenze e guai della vita, abbiamo una pace che il mondo non conosce.
Quando il Signore promette, dicendo: “A chi vince concederò di sedere con me sul mio trono”, e “A chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine, darò potere sulle nazioni”, intende dire proprio così? Deve egli “sedere sul trono della sua gloria?” Eserciterà il suo gran potere e regnerà sulle nazioni? Certo. La sua parola non può fallire; ci sarà un regno reale sulle nazioni governato da noi (la chiesa) e da Gesù. Dio diede “Cristo per essere il capo del corpo”, e “Colui che ci ha dato liberamente Cristo, non ci darà liberamente insieme a lui anche tutte le cose?” Si, in verità, fratelli, non abbiamo ancora conseguito “la nostra alta  chiamata che è di Dio in Cristo Gesù”. Noi siamo chiamati ‘la figliolanza di Dio’, e non solo per appartenere a lui, ma per essere anche eredi associati a Gesù Cristo nostro Signore. Questa è la piccola compagnia che Dio previde in Eden, mediante la quale fra breve egli schiaccerà Satana e “benedirà tutte le famiglie della terra”. È questa compagnia di cui parla dicendo “Dio ha visitato i Gentili per prendere fra loro un popolo per il suo nome”. Noi siamo la Vergine, che presto riceverà il nome del nostro Signore, “un nuovo nome scritto che nessun uomo conosce tranne colui che lo riceve”.
È per loro che Gesù pregò: “Non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dato” e “non solo per questi, ma anche per tutti quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola” “affinché siano tutti uno, come tu, Padre, sei unito a me ed io sono unito a te, anche loro siano uniti a noi” (Giov. 17). Questa unione e unità il Signore non l’aspettava per il tempo presente. Egli ci dice che è venuto per portare la divisione. Conseguentemente non è deluso né impedito nei suoi piani. Nella parabola del grano e delle zizzanie, ci dice che il nemico avrebbe seminato le zizzanie in mezzo al grano, e questi due sembrano così uguali che non possono essere separarli. “Lasciateli crescere insieme fino alla mietitura – la mietitura è la fine del mondo” [aion, cioè età] allora li separerà per mezzo degli angeli.
Inoltre, poiché Gesù dice: “Il Padre mi ascolta sempre”, potremmo sapere che in un certo tempo tutti noi saremo uno in lui. Quando? Alla risurrezione, quando saremo uniti al nostro capo, divenendo un “unico seme”, al matrimonio quando saremo uniti allo Sposo e diventeremo uno. Ma sebbene questa preghiera fosse principalmente per la chiesa, Gesù amava anche il mondo intero. Si, egli morì per il mondo, e coloro che lo abitano hanno un posto in questa preghiera. Ma notate dove. Egli prega prima per la chiesa, affinché coloro che la compongono possano essere uno in Lui; quindi l’oggetto dell’unione è “che il mondo possa credere”. Ma la credenza del mondo e la preghiera affinché ciò avvenga, avvengono dopo il matrimonio della casta Vergine. Per questo matrimonio “noi, che abbiamo le primizie dello spirito, anche noi stessi gemiamo in noi medesimi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo”;  questo unico corpo di cui ognuno di noi è membro.
     Quando noi (la chiesa del vangelo) saremo redenti, il piano di Dio sarà stato completato? No. Sarà solo l’inizio. C’è un piano più grande e nobile. Non solo noi gemiamo per il compimento del matrimonio, ma abbiamo visto dalla preghiera del nostro Signore che il mondo ha un posto in esso, e Paolo positivamente afferma che: “tutta la creazione geme insieme ed è in travaglio”. Cosa stanno aspettando? Certamente non quello che aspettiamo noi. Non si aspettano di far parte del corpo. No: “la creazione con brama intensa aspetta la manifestazione dei figliuoli di Dio” (Rom. 8:19). Non del Figlio di Dio, ma dei figli. “Diletti, ora siamo figli di Dio”.
Quale interesse ha il mondo nella nostra manifestazione o risplendore? Semplicemente questo: Che finché non saremo manifestati, sebbene siamo già “la luce del mondo”, e il mondo è benedetto da questa luce, come è scritto “così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”, tanto più il mondo sarà benedetto quando “risplenderemo come il sole nel regno”, quando saremo separati dal mondo e dalle zizzanie durante la mietitura (Matteo 13:43). Se ora siamo una benedizione per il mondo come portatori di luce, per quanto povera e debole spesso sia questa luce, perché dovremmo sorprenderci se la speranza del mondo è che la chiesa risplenda pienamente? Paolo ci dice il motivo per cui le persone del mondo aspettano e gemono per la nostra manifestazione: “La creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio”. Questo significa che quando la chiesa sarà stata liberata dalla condizione attuale di schiavitù alla corruzione (soggetta alla morte), allora il mondo in gran parte avrà una medesima opportunità, perché l’obiettivo è che “il mondo possa credere” affinché possano “entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio”. Saranno figli, ma non coeredi. Questa sarà la sola distinzione tra loro e noi che siamo la chiesa del vangelo.
Dio ama tutte le sue creature, non perché noi amiamo lui, ma per pura benevolenza. “Dio amò così tanto il mondo” mentre noi eravamo ancora peccatori. Ma Egli è un Dio di ordine. Ha un piano e lo sta realizzando. Durante i passati seimila anni di storia ha predisposto preparando i mezzi mediante cui benedire il mondo. Il tempo sembra lungo a noi mortali, ma non così a lui che è dall’eternità all’eternità.
Questo “piccolo gregge” che riceve il Regno è composto da primizie delle creature di Dio ( Giac. 1:18; Riv. 14:4). Se ci sono le primizie, ci deve essere anche un raccolto più grande, altrimenti il linguaggio è privo di senso. Efesini 2:7 dichiara qual è l’obiettivo della nostra salvezza: “per mostrare nelle età a venire l’immensa ricchezza della sua grazia”. . .


Forse continua 

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